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25 marzo 2004
Segnaliamo un convegno che si terrà a Milano il primo aprile prossimo: ci assicurano che non sarà un pesce d'Aprile, dunque il sottoscritto sarà presente, assieme fra gli altri a Michele Diodati. Il convegno è organizzato da "Porte aperte sul web" e il programma è disponibile online.
Con questa comunicazione sospendiamo per qualche giorno le trasmissioni di Usabile.it a causa di un necessario cambio di server: il nostro servizio di hosting rischia di lasciarci a piedi se non obbediamo. Ci assicurano che in 5 giorni lavorativi tutto sarà di nuovo operativo. I contenuti saranno sempre disponibili, ma non ci sarà possibile effettuare aggiornamenti, e gli utenti non potranno in questi giorni iscriversi alla newsletter. A risentirci dopo il convegno, dunque. ¤
18 marzo 2004
Non si incontra Donald Norman tutti i giorni: è dunque con una certa emozione che ricordiamo quanto successo lunedì scorso a Povo, a due passi da Trento, dove il professore americano ha presentato il suo nuovo libro, Emotional Design. Assieme a Sofia Postai e con Stefano Bussolon come ottimo cicerone, abbiamo assistito alla presentazione (che non ha riguardato in particolare gli ambienti web) e abbiamo avuto anche la ventura di soffermarci, del tutto inaspettatamente, a chiacchierare con lui di questioni teoretiche. In particolare, abbiamo chiesto chiarimenti sul concetto di affordance, originariamente introdotto dallo psicologo J. Gibson, e da Norman riutilizzato nell'ambito del design. Le affordance sono proprietà della relazione fra utente e artefatto: definiscono, semplificando molto, ciò che è possibile fare con un certo oggetto. Un gradino ha l'affordance adatta per poggiarci un piede, ma anche per sedercisi. In seguito il concetto è stato applicato alle interfacce digitali dove molti designer lo hanno adottato volentieri. Purtroppo, secondo Norman la trasposizione del concetto nel mondo delle interfacce digitali è fallace, per motivi che lui stesso spiega in questo articolo, disponibile sul suo sito. In questa puntualizzazione Norman distingue le affordance reali dalle affordance percepite, e sostiene che nelle interfacce digitali siano le affordance percepite a essere importanti, ma che queste non coincidano affatto con le convenzioni. Un link non ha l'affordance della cliccabilità: è piuttosto una convenzione culturale a far sapere agli appartenenti ad una certa cultura che quel link può essere cliccato per ottenere un certo risultato. In realtà l'affordance del click appartiene ad ogni pixel sullo schermo (infatti si può cliccare col tasto destro in ogni punto della pagina web per ottenere ad esempio la visualizzazione del codice; ma si può anche cliccare col sinistro senza ottenere risultati: il click è comunque possibile). Affordance reali, affordance percepite, e convenzioni sono questioni differenti (così come gli altrettanto importanti concetti di "vincolo" e di "modello concettuale"), ma tutti sembrano continuare ad utilizzare di preferenza il termine affordance, forse perché le distinzioni sono molto sottili e sostanzialmente inutili per gli utilizzi dei designer (mentre sono rilevanti per chi sviluppa teorie in ambito cognitivo). In fondo, in Italia non abbiamo 50 nomi diversi per definire la neve, a differenza degli Esquimesi, per cui la differenza è significativa, cioè appartiene al loro mondo fenomenico.
Abbiamo dunque chiesto a Norman di rispiegarci la sua posizione sull'uso che viene fatto attualmente del concetto di affordance nel mondo delle interfacce digitali, e la sua risposta è stata sorprendente e pragmatica al tempo stesso. Prima di tutto, ci ha ricordato che il concetto di affordance da lui utilizzato è probabilmente differente dal concetto originario di Gibson, con cui ricorda di aver discusso a lungo molti anni fa. E, secondo, ci ha ricordato l'importanza di distinguere fra affordance reali e percepite, ma ha sostenuto che non ha più molta importanza il fatto che i designer continuino ad utilizzare impropriamente il termine "affordance". In fondo, probabilmente, così come viene generalmente usato (come "proprietà dell'interfaccia di suggerire usi e possibilità ad una persona"), va bene lo stesso: se un concetto è utile in un certo modo ad una certa comunità, tanto meglio: l'importante è capirsi!
Un altro aspetto che personalmente mi interessava approfondire era la relazione che il concetto di affordance ha con i processi percettivi. Alcuni teorici distinguono nella percezione un processo primario, pre-attentivo, dove lo stimolo viene elaborato rapidamente per costruire gli oggetti fenomenici che verranno "passati" al processo secondario, che provvederà a categorizzarli e a interpretarli compiutamente. La teoria è ovviamente troppo complessa (e pure essa sottile, e sufficientemente lontana dal senso comune) per essere qui discussa. Ma se la percezione di un'affordance inizia a partire dal processo preattentivo, allora è possibile studiarne le configurazioni che, negli stimoli, favoriscono la loro formazione nel soggetto percipiente. In caso contrario le affordance riguardano solo la categorizzazione e l'interpretazione che ne fa il processo secondario, e dipendono esclusivamente dall'attribuzione di significato. Con mia grande sorpresa, la domanda ha colto nel segno e ha suscitato una viva curiosità in Norman, che ha riflettuto sulla questione, ribadendo che le affordance appartengono alla relazione fra uomo e artefatto, e non semplicemente all'artefatto, ed è difficile stabilire se riguardano in qualche modo il processo pre-attentivo o solo quello della costruzione di significato. La questione rimane aperta, anche se riveste per il momento un interesse per lo più accademico. Le affordance sono il frutto di elaborazione, di categorizzazione, o sono presenti in configurazioni elementari e predicibili degli stimoli? E la risposta è la stessa sia per il mondo fisico che per il mondo delle interfacce digitali?...
La disponibilità e anche l'umiltà a porsi un problema imprevisto, evitando di improvvisare risposte generiche a dei perfetti sconosciuti, da parte di un guru vero e proprio come Norman, che se lo poteva pure permettere, sono state e saranno d'esempio per noi che, più umilmente e con maggiori limiti, ci occupiamo nel nostro piccolo di interfacce e di interazione.
Il libro di Norman verrà tradotto nei prossimi mesi in italiano, e ne riparleremo al momento della sua uscita. Per il momento, chi vuole leggerselo in lingua originale lo può comperare, come al solito, su Amazon. Il tour italico di Norman prosegue domani, venerdì, a Ivrea, al secondo congresso nazionale dell'Associazione Italiana di Scienze Cognitive. ¤
12 marzo 2004
Venerdì 19 e sabato 20 marzo prossimi si terrà ad Ivrea il secondo congresso dell' AISC, Associazione Italiana di Scienze Cognitive. Tra i relatori, oltre a Donald Norman, che sarà lunedì 15 anche a Povo, come già annunciato, altri ricercatori e studiosi italiani che si aggiorneranno sullo stato dell'arte delle ricerche in ambito cognitivo. Fra gli altri, Paolo Legrenzi e Sebastiano Bagnara: il programma completo, davvero nutrito, è disponibile sul sito dell'Interaction Design Institute di Ivrea. ¤
4 marzo 2004
Uno dei massimi esperti di interazione uomo-macchina, Donald Norman, sarà a Trento lunedì 15 marzo alle 15 per una Distinguished Lecture dal titolo "Progettazione emozionale". L'incontro si terrà presso la Sala Conferenze dell'ITC-irst, Povo, Trento.
Donald Norman, socio di Nielsen nel NielsenNorman Group, autore di molti libri di successo fra cui il classico "La caffettiera del masochista", si è di recente interessato ad un aspetto poco chiacchierato nel mondo dell'usabilità: quanto conta l'estetica, e il piacere che se ne ricava, nell'utilizzo di artefatti, e di artefatti cognitivi come le interfacce? Non troppo sorprendentemente, come avevamo già registrato, è emerso che prodotti belli sono più facili da usare perché predispongono l'utente ad un utilizzo più aperto e tollerante. Rimane naturalmente da indagare in quali condizioni ed entro quali limiti un'interfaccia con metriche oggettive di usabilità negative possa trarre giovamento da un buon design. Ma certo un buon design influenza il modo in cui percepiamo l'oggetto. Sull'influenza di queste conclusioni sulla progettazione e sulla valutazione dell'usabilità, varrà certamente la pena riflettere in futuro. Già sappiamo da tempo, del resto, delle discrepanze, talvolta anche notevoli, fra l'usabilità reale e la cosiddetta "usabilità percepita" da parte degli stessi utenti. L'incontro con Norman di lunedì 15 è dunque un "must" per i professionisti e gli appassionati del settore. ¤
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